C’è chi insegue le tendenze e chi le anticipa.
E poi c’è Matteo Castagna, che nella sua vita ha intercettato tutti i trend giusti e da anni ne ha fatto il suo vessillo con la sua insegna, California Cookhouse, che oggi vanta tre indirizzi: Montesacro, Prati e il nuovo arrivato al Pigneto.
Classe 1986, nato a Lecco, questo giovane di talento dimostra la sua attitudine imprenditoriale già intorno agli 8 anni, quando, racconta, “con mio cugino preparavamo le salse di pomodoro, imbottigliando e pastorizzando il tutto per poi venderlo alle nostre zie. O l’estate, al mare, raccoglievamo uva, fichi, more, con cui allestivamo un banchetto su strada”. Per pagarsi gli studi in Scienze della Comunicazione, ha l’idea di riconvertire la casa lasciatagli dai nonni in un home restaurant, portando in tavola ora la cucina romana, ora quella giapponese (quando nel lecchese sushi e ramen erano soltanto piatti visti nei cartoni animati). Mentre si appresta a terminare l’università segue il corso da sommelier, conseguendo tutti e tre i livelli AIS, quindi decide di partire alla volta di San Diego, negli USA, per imparare l’inglese e lo spagnolo. Quello che doveva essere un anno sabbatico diventa un soggiorno di 5 anni, in cui si muove tra hamburgerie e locali, finché non arriva l’idea che cambia tutto.
“Dopo aver vissuto a lungo in California, e dall’esperienze lavorative precedenti, mi sono reso conto delle potenzialità che c’erano in Italia e della richiesta su hamburger, burritos, tacos e bowl. Negli ultimi anni in Europa, e anche nel resto del mondo, tutti i trend sono arrivati dalla California. Da qui l’idea di un locale che potesse coprire un’ampia varietà di esigenze, da chi è intollerante al glutine, a vegani e vegetariani, da chi vuole una proposta più healthy a chi cerca qualcosa di più godereccio” racconta Matteo Castagna.
La prima apertura nel 2018 a Montesacro, poi nel 2021 sbarca a piazza Mazzini e qualche mese fa si è aggiunto l’indirizzo al Pigneto, a piazza Malatesta. Il design è vivace e identitario, con arredi e colori in stile Venice Beach, e i murales di diversi artisti locali. Ogni indirizzo comprende una quarantina di coperti, fra interno e dehors, e il format si presenta come “fast casual”. “È una formula intermedia, con il servizio rapido e i prezzi di un fast food, e la qualità superiore di un ristorante – prosegue Matteo – in cui l’attenzione principale è alla materia prima, proposta senza una grossa trasformazione. La carne viene selezionata e macinata direttamente nel laboratorio, le salse sono homemade, la verdura è lavorata fresca ogni mattina e il pane, stile bun americano, è sfornato giornalmente”.
La “California vibes” che investe il pubblico entrando nei locali, caratterizzati da questo stile che richiama la West Coast, si traduce in un’offerta che comprende tutte le tendenze degli States (leggermente adattate – ma senza troppi stravolgimenti – alla domanda del pubblico locale). Un menu fusion con ingredienti freschi e combinazioni di sapori esotiche, il tutto servito in un packaging totalmente ecosostenibile. Da California Cookhouse troviamo hamburger che rappresentano lo standard americano, tra cui spicca il “Deluxe”, un burger di Angus con bacon, cheddar e cipolla caramellata, o il “Red Hot Chili” con ‘nduja di Spilinga, burrata e salsa aioli. E poi burritos e tacos, di pollo croccante, con manzo e guacamole o con sashimi di salmone norvegese, senza tralasciare le pokè, presenti in carta fin dall’apertura (quando il resto d’Italia ancora non sapeva cosa fossero), bowl studiate per essere equilibrate per contenuto di carboidrati, proteine e vitamine (per un pasto completo e bilanciato). In ogni sezione del menu c’è anche una selezione di ricette plant based, con i prodotti di Beyond (per i burger) e Planted (per l’alternativa vegana al kebab).
Il tutto accompagnato da una ricca varietà di birre artigianali, ma non manca anche una piccola linea di vini e i cocktail più classici.
Very Food Confidential.