BANGKOK Confidential: come si mangia da Blue Elephant

Nel cuore pulsante di Bangkok, dentro una villa coloniale centenaria con sculture provenienti dalla Birmania e dettagli d’antiquariato portati dal Belgio, si trova il Blue Elephant. Non solo ristorante, ma simbolo di una Thailandia che guarda al futuro con rispetto per le proprie radici.

Qui, tra pareti ricoperte di legni pregiati, sale il profumo delle pietanze: cocco, lemongrass, peperoncino, curry, spezie… In questo luogo sospeso tra passato e modernità, la cucina thailandese trova due anime che convivono: quella più fedele alla tradizione della Royal Thai Cuisine e quella visionaria e sensibile della Master Chef Nooror Somany Steppe.

L’inizio di questa storia non avviene in Asia, ma in Europa, in Belgio, dove la giovane Nooror, già esperta di cucina grazie agli insegnamenti della mamma e quelli appresi nel vivo dei mercati galleggianti di Chachoengsao, si trasferisce per studiare e dove incontra Karl Steppe, mercante d’arte e futuro marito. Con il suo supporto, Nooror si iscrive alla scuola di cucina Madame Jacob di Bruxelles. Qui apprende i fondamenti della cucina francese, dal confit d’anatra al foie gras, mentre continua a preparare per amici e parenti quei piatti tailandesi che già parlavano con autenticità della sua terra. La chef è stata formata dal “Guru” della cucina tradizionale thailandese, il professor Ajan Srisamorn.

Il primo Blue Elephant apre a Bruxelles nel 1980. Seguono sedi in tutta Europa, da Parigi (poi chiusa) a Malta e Copenaghen, fino a Bangkok e Phuket, con due sedi nella capitale: quella storica di Sathorn Road e un’altra con un bel cortile interno nella zona di Sukhumvit, ospitata in una casa con oltre novant’anni di storia.

Nel 2015 la chef Nooror è diventata una delle prime chef thailandesi a ricevere il titolo di “Master onorario in arti culinarie” dalla Kasetsart University. Contribuisce inoltre a promuovere l’industria alimentare come membro della Thailand Creative Culture Agency (TCCA). Sceglie ingredienti locali e privilegia: polli e anatre allevati all’aperto, carni locali di prima scelta provenienti da allevamenti all’aperto, verdure e erbe biologiche, fornitori più piccoli e indipendenti ma anche le Thai Royal Projects Farms.

Il menu che abbiamo assaggiato oggi è un doppio racconto: da un lato il percorso “Heritage”, pensato per chi si avvicina per la prima volta alla cucina tailandese tradizionale; dall’altro, una selezione di piatti firmati dalla chef Nooror, che reinterpreta le ricette della memoria con tecniche europee e una sensibilità contemporanea.

L’inizio del viaggio: Antipasti tra storia e innovazione

Dal menu Heritage, pensato per chi si avvicina per la prima volta alla cucina tailandese, emergono piccoli capolavori di equilibrio tra dolce, piccante e croccante.

L’esperienza inizia con un amuse-bouche che già dà il tono della serata: piccoli assaggi che pescano tanto dal menù tradizionale quanto da quello creativo. Le proposte più moderne sono la “Tom Kha Panna Cotta”, ispirata alla celebre zuppa tailandese, trasformata qui in una soave panna cotta al cocco con caviale e il “King Mackerel Kratong Thong”, sgombro al curry giallo, servito in una tartelletta croccante.

Come amuse-bouche dal menù tradizionale arrivano preparazioni che affondano le radici nel periodo Ayutthaya, come la frittella “Ka Nom Krok”, quasi un pancake di riso e cocco, insaporita da curry verde e caviale imperiale di Hua Hin.
Il “Khlong Phai Laab Prik Ma-Kwan” è un intrigante conetto di foglia di betel che racchiude pollo con riso caramellizzato al tamarindo, pepe di Sichuan e spezie del nord.

Si prosegue con gli antipasti veri e propri. La “Northern Sal Aua Sausage”, salsiccia di anatra selvatica da Chiang Mai servita con crema di peperoncino verde e avocado. L’equilibrata “Pink Pomelo Salad Prawn Cake”, dove la croccantezza della crocchetta di gambero è addolcita dal pompelmo rosa amaro e alimentata dalle arachidi. Le capesante scottate con aglio nero e pepe di Trang, accompagnate da un’insalata di papaya piccante, testimoniano una precisione tecnica che si ritrova anche nella versione moderna del granchio in curry giallo, cucinato con uova biologiche su pane al carbone vegetale: un contrasto di consistenze e colori che resta impresso.

E poi c’è il piatto simbolo della chef: “Phetchabun 2”, il foie gras alle due Tamarindi. È una ricetta che ha venticinque anni di storia, concepita per unire la dolcezza caramellata del tamarindo di Phetchabun al carattere corposo del foie gras francese. Accanto, mango Nam Dok Mai per freschezza, patata dolce frullata, basilico Bai Horapa e zucchero di palma di Phetchaburi. L’equilibrio tra saor e umami è quasi perfetto, ed è anche un gesto di dichiarazione: la Thailandia vuole dialogare con l’Europa anche per sapori e creatività.

Zuppe e Primi: L’anima liquida della Thailandia

Le zuppe rappresentano l’anima liquida della cucina thailandese.

La chef, da parte sua, propone la Maprao Orn, una vellutata di granchio blu con latte di cocco, profonda ed elegante. È servita all’interno del guscio della noce di cocco. Non è molto piccante ma attenti a non mordere il peperoncino. È veramente gustosa. Solitamente viene servita con il pollo, in questo caso sostituito con la carne del granchio.

Viene servita la Tom Som Kamin Plaa. Tom Som indica infatti il colore giallo tormalina della zuppa. È una zuppa molto salutare servita con sgombro reale, curcuma fresca e aceto di palma: una ricetta antica della provincia di Nakhon Si Thammarat. È più piccante e sapida. Sempre dal menù Heritage si può scegliere anche la Tom Yum Koong, iconica zuppa agropiccante con gamberi che si può trovare ovunque nei ristoranti tradizionali di Bangkok, essendo eredità del regno di Rama V.

Secondi piatti: Tra il sacro curry e la wok fusion

Nei piatti principali si rivela tutta la complessità della visione gastronomica di Blue Elephant. Il Massaman Curry di agnello della chef, per esempio, è una rivisitazione poetica di uno dei piatti più amati della Thailandia. Tradizionalmente preparato con pollo o manzo, qui viene nobilitato con agnello allevato all’aperto, cucinato lentamente con latte di cocco, succo di tamarindo della regione di Phetchabun e zucchero di palma IGP di Petchaburi, patate dolci e spezie.

L’agnello è un ingrediente conosciuto da pochissimo in Thailandia ed evidenzia la volontà di creare un ponte culinario tra continenti. È un piatto che parla d’amore e d’armonia, come nella poesia del Re Rama II da cui trae ispirazione. Il Phad Cha Snow Fish è invece una creazione più diretta, dove il merluzzo nero  – ossia lo “snow fish” –  burroso e delicato – viene saltato nel wok con peperoncini freschi, aglio di Chiang Rai e zenzero, in un esempio di fusione tra tecnica asiatica e un prodotto di pregio internazionale.

Tra le proposte classiche, spicca il “Wild Ka-Praow Chili Prawn”, gamberi saltati con peperoncini Bird’s Eye e basilico sacro – coltivato come pianta sacra in India –, poi il curry Panang con manzo Sakon Nakhon – servito per la prima volta al Re Rama III – con melanzane, piselli amarognoli e accompagnato da riso al cocco. Ancora, il soufflé di granchio viene cotto direttamente nel curry giallo, dove la spezia penetra in ogni fibra. La Melinjo stir-fry, tipica del sud, unisce uova bio, basilico dolce e zenzero selvatico, e si chiude con una salsa di abalone che aggiunge una profondità marina inaspettata. L’insalata di anatra al mandarino è un’esplosione di freschezza e tenerezza, con litchi Royal Project e riduzione di mandarino, un piatto che alterna carne, frutta e spezie con grazia. In parallelo, le costine di manzo marinate 48 ore con miele del Royal Project, servite con salsa piccante e insalata di coriandolo, chiudono l’esperienza salata con robustezza.

Il riso, mai semplice accompagnamento, diventa protagonista: preparato con succo di cocco fresco, latte di cocco e foglie di pandano, cambia sapore in base alla stagione. A volte più dolce, a volte più acidulo, sempre vivo. Si serve in versione bianca, nera, al gelsomino o al cocco, perfetto con ogni piatto.

Dessert: dolcezza tropicale con identità

Il dessert è una piccola cerimonia. Dal menù Heritage arriva il “Kao Niew Piek Lum Yai”, un dolce di riso glutinoso ammorbidito con latte di cocco e servito dentro un guscio di cocco, con longan, taro e crema ai fiori Butterfly Pea, accompagnato da gelato al cocco. La chef risponde con una versione raffinata del classico mango sticky rice, dove un piccolo “Coconut Flat” – dolce dalla consistenza simile a una castagna tenera – arricchisce l’esperienza. Accanto, castagne d’acqua caramellate aggiungono croccantezza e profondità. Una tortina al gelsomino con base al pistacchio e datteri chiude il pasto con grazia floreale, evocando i profumi dei mercati thailandesi.

Il tutto è servito con un bianco semi-secco della cantina Granmonte, nella regione montuosa di Khao Yai (che significa proprio monte grande). Il sommelier suggerisce anche rossi leggeri internazionali, birre artigianali locali o tè fermentati, capaci di accompagnare la varietà delle spezie.

Il Blue Elephant non è solo un ristorante: è anche una scuola di cucina, una fondazione, una biblioteca gastronomica. È il centro nevralgico di un patrimonio che si rinnova ogni giorno. Lì dove il passato è ancora presente e il futuro si costruisce nel piatto.

 

Very Travel Confidential. very Food Confidential.

 

Giorgia Basili
Giorgia Basili
Storica dell'arte e scrittrice. Collaboro da molti anni con riviste di settore come Artribune, XIBT Contemporary, Insideart ed Espoarte, prediligendo l'arte contemporanea nelle sue molteplici sfaccettature e derive mediali. Mi sono occupata della pagina d’arte del cartaceo di TPI - The Post Internazionale. Le mie collaborazioni come freelance includono: Exibart, ArtsLife, Sole24 Ore Cultura e Avvenire. Sto approfondendo le relazioni tra mondo dell’arte ed enogastronomia, avvicinandomi anche al settore Travel con focus artistico-culturale, mettendo in luce in particolare le contaminazioni tra architettura, design e arte visiva. Scrivo di enogastronomia per blog e magazine come Scatti di Gusto, Puntarella Rossa, ManInTown.

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