Il MANIFESTO DELL’ACETO by Amici Acidi

È nato il Manifesto dell’Aceto. Regole per la produzione di aceti in modo tradizionale, per supportare uno dei prodotti più diffusi in Italia. L’idea è di cinque amici, gli Amici Acidi, che hanno la passione per le fermentazioni e che sono accomunati dal rispetto delle materie prime, dei tempi e delle lavorazioni.

Di professione fanno tutt’altro: c’è chi produce miele, chi si occupa di ospitalità, chi produce vino e chi aceto tradizionale balsamico.

Amici Acidi è dunque un progetto che nasce dall’amicizia tra Andrea Widmann (Baron Widmann), Joško Sirk (Sirk della Subida), Andrea Paternoster (Mieli Thun), Andrea Bezzecchi (Acetaia San Giacomo) e Mario Pojer (Pojer&Sandri). L’amore e la passione per un sapore dimenticato sono i valori che stanno alla base della loro missione: far conoscere l’aceto con la sua storia e la sua versatilità.

L’idea di riunirsi in gruppo è nata da Joško Sirk che, una dozzina di anni fa, ha deciso di cercare gli amici giusti con cui portare avanti questo progetto che nel tempo ha preso forma non solo con la creazione del Manifesto, ma anche con l’ideazione di un prodotto comune che presto verrà immesso sul mercato.

“Usare aceto – spiega Sirk – non vuole dire mangiare acido, anzi. Vuol dire mangiare fresco perché l’aceto dona freschezza, toglie stucchevolezza ed è un alleato di chi cucina. Ecco perché è un ingrediente immancabile nelle cucine, ma ecco anche perché stiamo lavorando alla creazione di una bevanda frutto del nostro lavoro di squadra”.

Alla base di questo nuovo progetto ci sono le conoscenze e le ricerche di Mario Pojer che ha realizzato 45 estrazioni acide con infusioni di spezie, aromi, radici e diverse botaniche: “Il potere solvente dell’aceto è maggiore di quello dell’alcol, le soluzioni risultano molto più profumate e anche poche gocce di queste estrazioni potrebbero essere molto interessanti nella realizzazione di cocktail”.

Il Manifesto prevede che gli aceti siano integri, cioè non diluiti con acqua, che vengano affinati in botti di legno senza il controllo delle temperature né del tempo (devono trascorrere almeno sei stagioni) e disconosce l’utilizzo della cosiddetta “madre” considerata un falso mito nel mondo degli aceti: “si tratta di un agglomerato cellulosico di natura batterica inutile al processo che, depositandosi sul fondo, può anzi creare odori sgradevoli”, spiegano.

Nella produzione dell’aceto il processo è sempre il medesimo, sia che si parta da vino, idromele, sidro o birra. La frazione alcolica si trasforma per effetto dei batteri acetici: ossia avviene l’ossidazione acetica. “Non è tanto importante con che materie prima produco l’aceto, né quanto tempo lo ho affinato, ma come è stato acetificato. Il come si acetifica, come si trasforma un fermentato base in un aceto  – spiega Andrea Bezzecchi – è quello che fa la differenza. Noi riteniamo che il metodo statico sia il migliore: una lentissima trasformazione dovuta all’azione ossidante della flora batterica superficiale, senza macchine e alte temperature, per cui occorrono anni e non ore”.

Le regole seguite dagli Amici Acidi per produrre un ottimo aceto sono dunque semplici: una materia prima di qualità, non diluita e che non sia scarto di altre produzioni; i tempi legati al passare delle stagioni rispettati senza forzature meccaniche che andrebbero ad alterare le qualità organolettiche della materia prima; nessun intervento sulla temperatura per rispettare i profumi e gli aromi originari che attraverso l’ossidazione evolvono e si arricchiscono.

Questa non è che la base di un lavoro di squadra che va portato avanti facendo cultura sul prodotto. Bisogna rivoluzionare l’utilizzo dell’aceto prima di tutto nelle case e poi nei luoghi dell’ospitalità in cui si curano mille dettagli ma dove spesso l’aceto sui tavoli è relegato a un marchio industriale.

Very Food Confidential.

Articoli Correlati