Wisdomless Club a Roma, all’interno del cinquecentesco Palazzo Boncompagni dei Duchi di Sora, unisce arte, tatuaggi e mixology in un’atmosfera elegante e fuori dagli schemi nel mood della proprietà, i collezionisti Francesco e Vincenzo Simone Saitta con Graziano Paventi. Tra legni scuri, cimeli d’epoca e bauli da viaggio come tavoli, si respira il fascino retrò e cosmopolita dal Grand Tour alle Regate dell’America’s Cup.
Wisdomless è un locale per tutti, dove si può bere un gin tonic mentre si studia un tatuaggio da farsi. Dietro gli alligatori del bancone, il bar manager Francesco Lazzo firma una miscelazione ispirata al viaggio, con spezie e distillati da tutto il mondo trasformati in infusi e sciroppi artigianali. A completare l’esperienza, una stanza segreta nascosta dietro una libreria accoglie gli ospiti di serate riservate in perfetto stile wunderkammer. Per Wisdomless esplorare è arricchire la conoscenza, una necessità di vita che appaga nel grand tour, nel collezionismo d’arte, nella creazione di eventi per i quali la ricerca del bello è un viaggio dello spirito, una forma mentis. L’immaginario del viaggiatore mette così le ali alla più inconscia esigenza della ragione umana: ricercare la comprensione dell’irrazionale, svelare l’ignoto. Per tutto questo, da Alessandro Magno a Carlo V d’Asburgo, da Francisco de Javier a Charles de Foucauld, da Borromini a Sottsass, da Strabone ad Athanasius Kircher, da Amerigo Vespucci ad Enrico Alberto d’Albertis, esploratori, missionari, architetti, cartografi e navigatori continueranno ad ispirare les cabinets de curiosités di Wisdomless, dove gli occhi nuotano lontano da sé.
La nuova drink list
Wisdomless rende omaggio all’America’s Cup, il più famoso trofeo nello sport della vela, nonché la più antica competizione sportiva internazionale che si svolgerà nel golfo di Napoli nell’estate del 2027. “L’idea – racconta Vincenzo Saitta – era quella di far veleggiare i “marinai” non solo fino ad agosto, ma tutto l’anno rompendo il tabù della navigazione durante l’inverno. Abbiamo ideato 12 signature cocktail dedicati a 12 barche che hanno fatto la storia della Coppa America. Tra le imbarcazioni che hanno stimolato la nascita della drink list vi è la Shamrock di Sir Thomas Lipton, l’armatore scozzese, nonché grande filantropo, collezionista e velista considerato il miglior perdente dell’America’s Cup per non aver vinto un solo evento”. Ideati dal bar manager Francesco Lazzo in carta si trovano i signature America, Cymba, Bloodhound, Bona, Britannia, Genesta, Galatea, Puritan, Shamrock I, Moonbeam, Carrie Philipps, Jullanar con gli ingredienti che richiamano le peculiarità delle barche. Non mancano nel menù i grandi classici, analcolici, una selezione di champagne e vini rossi, bianchi e rosé che caratterizzano il wine club con una selezione di duecento etichette.
La storia dell’America’s Cup
“There is no second, Your Majesty”. Non c’è un secondo, Vostra Maestà. Inizia con questa frase, rivolta alla regina Vittoria, la storia della più longeva competizione sportiva. Era il 22 agosto 1851 e nelle acque attorno all’isola di Wight si disputava una regata, la cui tradizione sarebbe arrivata fino ai giorni nostri. Quindici imbarcazioni, di cui quattordici inglesi e una americana, si sfidavano per un titolo e un trofeo, la Coppa delle cento ghinee.
A capitanare la goletta America, l’unica statunitense, c’era il Commodoro Stevens del New York Yacht Club: gli americani erano venuti per vincere e si apprestavano a farlo. Con otto minuti di vantaggio, l’America batteva la prima imbarcazione inglese, l’Aurora. Così quando la regina Vittoria, che si trovava a bordo del Victoria and Albert per assistere alla regata chiese a un segnalatore chi fosse arrivato primo e chi seguisse, quello rispose: “L’America, Vostra Maestà, non vi è secondo”. Da allora, negli ultimi 173 anni, quella che è stata battezzata da quel giorno America’s Cup, proprio in onore dell’imbarcazione vincitrice, è diventata un’istituzione, un rito, nonché un trofeo unico nel suo genere. La coppa d’argento è passata da un continente all’altro, vinta da sole quattro nazioni in oltre 170 anni di storia (Italia, Stati Uniti, Svizzera e Nuova Zelanda), senza mai fare ritorno invece in Gran Bretagna.
Very Food Confidential.



























