Meet in cucina nasce come congresso sulla cucina d’Abruzzo, sui suoi cuochi emergenti e sui prodotti di una regione, la cui eccellenza è spesso eclissata dai soliti noti che in Italia e nel mondo, godono di maggiore fama. Meet in cucina è a tutti gli effetti un congresso sulle eccellenze abruzzesi e diventa, nei diversi atti di cui si compone, un congresso di alta cucina degno di tale nome. Fortemente voluto dal giornalista Massimo Di Cintio, è giunto alle sua seconda edizione, svoltasi ieri lunedì 18 gennaio 2016 nella Camera di Commercio di Chieti.
Ecco gli ingredienti di una ricetta perfettamente riuscita: giovani chef che hanno portato sul palco un vento foriero di idee e speranze, vento che trattiene nelle sue spire gli elementi di un territorio complice nel suo donarsi alla sperimentazione.
A bilanciare, la saggezza dei produttori fieri: mani indurite di artigiani del cibo che raccontato un lavoro instancabile; dialetti stretti che accompagnano tra le fattorie di colline e montagne; formaggi, salumi, vini e oli che risvegliano le papille e insegnano a conoscere una terra. Un pizzico di celebrità con Massimo Bottura, front man dell’Osteria Francescana, e un lieve retrogusto amaro, lasciato nelle bocche di tutti per la grande assenza di Niko Romito, costretto a casa dalla febbre. Pare che il tre stelle Michelin, abruzzese in purezza, avrebbe stupito gli astanti con le sue sperimentazioni sul pane – fonti ufficiali svelano che il pane diventerà una vera e propria portata nel suo prossimo menu. Immancabile la stampa di settore: gourmet curiosi e penne fini, che tra una nota e un assaggio, non perdono niente. Et voilà Meet in Cucina 2016 è servito.
Il congresso si apre con le parole di Paolo Marchi, lette da Massimo Di Cintio, che passa la parola a Rocco Pozzullo (Presidente della Federazione Italiana Cuochi) e ad Andrea Di Felice (Presidente dell’Unione Cuochi Abruzzesi). Si percepisce da il grande desiderio di rinnovamento che si muove e crea movimento all’interno del mondo della ristoranzione, dalle più piccole alle più grandi realtà.
A scaldare i fuochi ci pensano Giuseppe e il giovane Arcangelo Tinari, chef e titolari del ristorante stellato Villa Maiella (Guardiele): carpaccio di controfiletto sottoposto a salatura e marinatura (dalle 36 alle 48 ore) a base di caffè, cacao, ginepro, cumino montano e pepe, accompagnato da maionese allo zenzero. Non è il piatto il centro del loro intervento, o almeno non solo. Lo sono la fattoria e l’orto di cui dispone la famiglia, costante strumento di conoscenza. “Osservare, provare, sbagliare. Seguire un animale o un vegetale dalla nascita fino alla sua completa maturazione – spiegano, duettando Arcangelo e Giuseppe – permette di intervenire in diversi momenti e con diverse cotture, di studiare il risultato e di raggiungere una comprensione totale della materia: prima si impara ad ascoltare il prodotto e, in base alle sue risposte, si può calibrare l’azione, da quanto affondare il coltello nella carne a quanto spingersi con le temperature”. Questo il valore aggiunto della famiglia Tinari. A seguire Cristian Di Tillio, del ristorante il Ritrovo d’Abruzzo (Civitella Casanova), che mette in scena il suo personale spettacolo sulle temperature. Coniglio e maialino cotti a 62°C: le proteine non si rompono e non una goccia di acqua fuoriesce dalle carni.
Poi è la volta di Nicola Fossaceca (una stella Michelin per il suo Al Metrò di San Salvo Marina). Sorriso timido, semplicità impeccabile: ravioli ripieni di ricotta affumicata (dal vivo) al ginepro in soutè di vongole, dolcemente coperti di polpa di riccio, parte iodata quanto mai indovinata. Unica chef donna a calpestare il palco è Nadia Moscardi dell’Elodia nel Parco (L’Aquila). Nadia parla dei legumi d’Abruzzo, fiera del suo robiglio (pisello selvatico coltivato nel suo orto) e dei ceci di Navelli, dei fagioli di Paganica, delle lenticchie di Santo Stefano di Sessanio. Ma gioca anche con le essiccature e le disidratazioni nei due piatti che prepara. Matteo Iannaccone (Caffè le Paillottes, Pescara), a cui cede la parola è campano di nascita, abruzzese di adozione. Curriculum lungo (Heniz Beck, Aliain Ducasse, Giancarlo Perbellini) e cucina di contaminazione: avocado, zenzero, soia e topinambur si combinano e supportano i suoi crudi. A chiudere il cerchio, dopo il grande show di Bottura, è di nuovo una famiglia stellata. La famiglia Spadone de La Bandiera a Civitella Casanova: ciò che colpisce sono gli occhi di Marcello (il padre), puntati sulle mani di Mattia, il figlio. Con malcelato orgoglio, gli occhi del padre seguono le mani del figlio, che sembrano muoversi con inaspettata sapienza. Ancora verdure, prodotti della terra e giochi di disidratazione sono gli attori non protagonisti. Protagonisti di tutti gli interventi sono stati gli uomini, persone prima che chef. Generazioni a confronto, padri e figli, tradizioni e nuove tecniche. Vecchio che guarda avanti e nuovo che procede guardando dietro.
E venne Bottura. Accompagnato da Davide di Fabio, nato in Abruzzo e cresciuto (professionalmente) con Massimo Bottura all’Osteria Francescana: Osvaldo Bun è il piatto portato. Arrosticino rivisitato, con pane coreano e incursioni culinarie multietniche. Osvaldo è il padre di Davide, nome scelto come tributo alle origini. Ma Massimo Bottura, animale da palcoscenico, riesce sempre ad andare oltre: spazza via i confini della cucina e del cibo con energia deflagrante. Travolge e stordisce con i suoi discorsi ingarbugliati e straordinariamente logici. Tutto diventa possibile, tutto ciò che aristotelicamente è potenza, può diventare atto. Basta volerlo. Così uno spaghetto diventa lasagna, un pasticcio in cucina diventa uno dei suoi piatti più famosi e un refettorio dove recuperare gli sprechi di Expo diventa realtà. Il refettorio Ambrosiano, svela Massimo Bottura, è stato solo un punto di partenza. Con gli introiti dei suoi sponsor e con la collaborazione di Pentole Agnelli (sponsor di Meet in Cucina e già partner di Bottura nell’iniziativa del Refettorio Ambrosiano) darà vita a una fondazione per costruire refettori in tutto il mondo: “il prossimo nel Bronx” – annuncia.
Massimo Di Cintio con il suo Meet in Cucina si conferma ambasciatore di una cucina ad oggi in fieri. Entusiasmo, aspettative, fermento e forte legame con il territorio sono gli elementi che contribuiscono a definire l’identità degli chef che ha portato sul palco. Con l’augurio che il suo progetto di riscoperta e valorizzazione di un territorio si estenda ad altre regioni italiane, non ci resta che aspettare la prossima edizione.






























