GIN CONFIDENTIAL: il Ginepraio di Enzo Brini

E’ ancora possibile oggi realizzare un Gin fortemente geolocalizzato in Italia ma che per botaniche, distillazione e idee diventa uno dei migliori Gin in circolazione?

Per scoprirlo siamo andati (metaforicamente) in Toscana a fare quattro chiacchiere con Enzo Brini (nella foto a sinistra) autore e creatore insieme a Fabio Mascaretti, del Ginepraio, senza dubbio uno dei Gin più apprezzati degli ultimi tempi.

Siamo a Pontedera (Pistoia), nella casa del Ginepraio. Organic Tuscan Dry Gin. Disponibile in due versioni, il classico London Dry con etichetta bianca e l’Amphora Navy Strenght con etichetta nera. Due fratelli profondamente diversi ma con la stessa idea di famiglia. Prima di arrivare alle solite differenze di botaniche, infusione, distillazione e prodotto, vorrei concentrarmi sull’idea che c’è dietro e che si nasconde (nemmeno troppo bene) dietro alla sua doppia definizione.

Ginepraio. In senso fig., faccenda o situazione intricata, confusa: mettersi, ficcarsi, cacciarsi in un g.; bisognerebbe uscire da questo g.; anche di discorso o scritto in cui le idee siano affastellate senz’ordine, e sim.: non riesco a capirci nulla in questo ginepraio. Se partiamo da questa definizione da dizionario molto toscano, capiamo subito che la natura di questo Gin non è affatto semplice, ma anzi svela la sua complessità sin dall’origine del nome. Organic Tuscan Dry Gin: qui arriva la seconda parte. Può veramente un Gin (London Dry per giunta) essere organico al territorio? Rappresentare al meglio la toscanità?

Per capirlo meglio abbiamo sequestrato al telefono Enzo Brini. Deus ex machina del Ginepraio, enologo ed appassionato della materia (che per me è una gran qualità) e gli abbiamo chiesto di darci qualche informazione in più sul suo prodotto.

Botaniche e Terroir. Per prima cosa partiamo dalla parte più complessa dell’avventura. Rappresentare in maniera davvero organica la Toscana. Brini ci spiega e racconta per prima cosa le tre zone dalla quale provengono le sue botaniche: La zona del Chianti, la Maremma e la Valtiberina. Zone che di nome conosciamo un po’ tutti, siamo tra i vitigni del Chianti, le colline della Maremma e tutto quella parte a ridosso del Tevere. Tutto questo da vita al terroir – a cui Brini tiene tanto – da qui vengono le bacche di Ginepro usato per il Ginepraio. Non un solo Ginepro da una sola zona, ma tre diverse bacche a rappresentare le diverse anime del territorio. Riviera, Chianti e Valtiberina, sono i loro nomi. Un blend unico. Ma sappiamo benissimo che un Gin non vive di solo ginepro, e quindi ecco che arrivano in infusione anche l’angelica, il coriandolo, l’elicriso, la rosa canina, l’arancio e il limone – questo il segreto (nemmeno troppo) dell’aromaticità del Ginepraio. Rubiamo volutamente (come suggerito dallo stesso Brini) la descrizione dei tre diversi ginepri dal loro stesso sito web, proprio per dare la completezza della complessità…

RIVIERA – E’ il ginepro spontaneo della costa maremmana. Dal gusto sapido, è influenzato dal terreno vulcanico, dall’altitudine di 200 metri e dal vento di mare. PH 6.4. 25% del blend.

CHIANTI – E’ il ginepro raccolto tra le colline del Chianti. Grazie alla quota di quasi 600 metri sul livello del mare, è il ginepro dalle note più balsamiche. PH 8.3. 10% del blend

VALTIBERINA – E’ il nostro ginepro d’alta quota. Sono infatti quei quasi 800 metri, uniti al terreno limoso e sabbioso della zona, che conferiscono il suo inconfondibile sentore d’equilibro e sobrietà. È il ginepro più presente nel nostro blend. PH 7.7. 65% del blend.

Enzo (ormai ci diamo del tu) ci spiega anche quanto tiene alla certificazione biologica che ogni fase della produzione porta con se. Sia per quanto riguarda l’alcool che per le botaniche, fino alla distillazione in rame di entrambi gli stili del Ginepraio.
Due fratelli profondamente diversi. Come detto Enzo Brini ha messo in campo due diverse tipologie di Gin. Il London Dry e l’Amphora Navy Strenght ovviamente aldilà del nome e dell’etichetta (di cui parleremo dopo) ci sono profonde differenze. Il primo è un classico London Dry, con distillazione a bassa temperatura con alambicco discontinuo e due lunghi mesi di riposo. Super limpido e trasparente il London arriva subito al naso tramite le erbe che si sentono molto senza dare fastidio. Non ho percepito la parte alcolica che (per me) è un gran pregio. Il fratello ‘black‘ è invece figlio di un procedimento particolare e davvero unico. Le botaniche e la distillazione rimangono le stesse del London, ma quando poi deve riposare ecco che arriva la sorpresa. Sei mesi di invecchiamento e stabilizzazione in anfore di cocciopesto prima dell’imbottigliamento. Niente botti in legno invecchiato magari con qualche vino dentro. Qui siamo nel campo del cocciopesto (prende come esempio le vecchie anfore romane) che gli donano una incredibile parte minerale che si sente subito al naso e gli da forza e ne eleva la gradazione dai 45 ai 57 gradi. Questa particolare infusione richiama l’antico trasporto in nave proprio attraverso le anfore (che Brini produce insieme al padre da un po’ di anno) e da cui prende appunto il nome di Navy Strenght. tipologia che si attestava appunto sui quei 57 gradi.
La Passione si sente. Parlare con Enzo Brini significa anche cercare di fermare un fiume in piena, la passione si percepisce dall’intensità del racconto e dalla forte voglia di farti percepire tutto l’orgoglio di aver creato un prodotto apprezzato e sentito. In effetti aldilà di quella che potrebbe risultare come un darsi le pacche sulle spalle da soli, Il Ginepraio è davvero un ottimo Gin e non lo dico solo (che conto poco) ma lo dicono i numeri delle vendite e il successo ottenuto sia nella distribuzione che nel mondo della miscelazione, dove sempre più spesso lo troviamo tra i grandi nomi in bottiglieria. Ovviamente questo lo diciamo noi, dopo il doveroso assaggio ad entrambe le tipologie. E’ un ottimo Gin che riesce ad incontrare palati diversi, la versione London è davvero perfetta per tutti, sia in purezza che miscelata con tonica – per favore non usatene una aromatica che va a coprire la varietà delle erbe toscane – mentre capisco che per la versione ‘anfora’ ci vuole un palato più abituato a gusti forti e decisi. Non per tutti (sarebbe preoccupante il contrario), ma davvero ottimo e unico nel suo genere.
Etichetta e comunicazione. Lo abbiamo detto e ripetuto. La comunicazione, l’impatto e l’etichetta fanno più della metà del prodotto. Non dovrebbe essere così. Non dovremmo giudicare dal vestito, ma sfido chiunque a non far cadere l’occhio su una bottiglia originale e particolare. Qui vince l’impatto evocativo della semplicità. Etichetta minimalista, font e tipografia semplici che insieme alla bottiglia ricordano le bottiglie medicali di un tempo. Il Gin come medicina, come flebo o come un prodotto da farmacia. L’etichetta è stata prima progettata in casa e poi ‘raffinata’ da Simonetta Doni della Doni&Associati di Firenze – un’agenzia (che vi consiglio di seguire) specializzata in marketing e comunicazione del vino. Impeccabile. Bravi anche nella comunicazione del sito, che rispecchia il format dell’etichetta e rimanendo esteticamente pulito ci da tutte le info necessarie.
Very Gin Confidential. Very Food Confidential.
Paolo Campana
Paolo Campanahttp://www.facebook.com/GiroVedoGenteMangiocose
Nasco grafico, disegnatore e a volte fumettista. Ho fame. Ho sempre fame (e sete), sono curioso per natura e cerco sempre di capire le singole storie che si nascondono dietro ogni singolo piatto, cocktail, gin, vino o birra. Affascinato dalla rete e dalle sue dinamiche, ho aperto un blog quando non era una moda, ho scritto di tutto, dal design alla grafica, dall’arte al disegno, dalla fotografia al food (ovviamente) ma ho mantenuto sempre alta la passione per la creatività, quella sana e vera. Quella che con il tempo e le numerose collaborazioni ho trovato nel piatto. L’ho già detto che ho fame?

Articoli Correlati